DANILO, 17 ANNI, NON DOVEVA MORIRE

COMUNICATO STAMPA
DANILO, 17 ANNI, NON DOVEVA MORIRE. BASTA CRIMINALIZZARE IL DISAGIO, COSTRUIAMO GIUSTIZIA SOCIALE.

La morte di Danilo Rihai, 17 anni, minore straniero non accompagnato, è una ferita che brucia. Non era “un delinquente”, come qualcuno vorrebbe farci credere: era un ragazzo solo, strappato alla sua terra, senza famiglia, senza una casa vera, senza un futuro. Portava sulle spalle il peso di traumi, abbandoni, fughe e rifiuti. Il suo comportamento, fatto di rabbia e gesti disperati, era il grido di chi non trova ascolto e vede davanti a sé soltanto muri e solitudine.
La sua vita si è spenta in una cella di un carcere minorile: non per scelta, ma per disperazione.
È il più giovane detenuto suicida di quest’anno ma quello di Danilo non è un caso isolato. Negli ultimi anni, i suicidi nelle carceri italiane sono aumentati drammaticamente. Solo nel 2023 sono stati registrati 70 suicidi nelle carceri, 91 nel 2024 e già 40 nei primi mesi del 2025 (ultimo rapporto Antigone). I numeri segnalano un trend in crescita. Questo non è più un “allarme”: è un fallimento sistemico che grida vendetta.
Come ci ricordano assistenti sociali, psicologi, educatori, mediatori culturali, insegnanti la violenza di ragazzi come Danilo non è un “male da punire”, ma il sintomo di un disagio profondo. La risposta non può essere il carcere: l’isolamento e la repressione sono benzina sul fuoco. Danilo non doveva finire in una cella, ma in un luogo sicuro, con educatori, mediatori culturali, sostegno psicologico e un percorso vero di reinserimento sociale. Invece di risposte educative, affettive, sociali, ha trovato le sbarre e la morte.
La sua morte denuncia un fallimento istituzionale enorme: lo Stato spende milioni per manganelli e carceri, ma lascia soli i ragazzi che avrebbero più bisogno di protezione.
Lo Stato sceglie la via della criminalizzazione. Non solo dei ragazzi migranti, ma di chiunque alzi la testa. In questi giorni abbiamo visto la stessa logica contro i giovani ambientalisti, repressi e denunciati perché facevano resistenza passiva per difendere un bosco.
Il disagio e il dissenso vengono trattati come problemi di ordine pubblico: è il frutto avvelenato del DL Sicurezza, una legge liberticida che colpisce chi manifesta e chi vive in condizioni di marginalità. Un decreto che non offre soluzioni, ma punizioni. Che non ascolta, ma reprime. Che trasforma fragilità e dissenso in colpa.
Noi diciamo basta.
Basta repressione al posto della prevenzione.
Basta carceri per i minori soli.
Basta criminalizzare i giovani, che siano migranti in cerca di dignità o cittadini che lottano per un futuro migliore.

Chiediamo:
1. Abolizione immediata del DL Sicurezza e di tutte le norme che criminalizzano il disagio sociale e il dissenso.
2. Piani comunali e regionali per l’accoglienza vera dei minori stranieri non accompagnati, con tutori legali, case-famiglia, sostegno scolastico e formativo.
3. Servizi di salute mentale gratuiti e accessibili per tutti i giovani, italiani e migranti.

4. Incentivi al lavoro giovanile e tirocini formativi per chi esce dai percorsi di accoglienza.

La morte di Danilo non deve cadere nel silenzio, difendiamo la memoria di Danilo e di tutti i ragazzi che non vogliamo più perdere.
Un Paese che reprime i suoi giovani e abbandona i più fragili non ha futuro. Noi scegliamo un’altra strada: quella della solidarietà, della giustizia sociale e della libertà.
Vogliamo una società che non abbia paura dei suoi giovani, ma che investa in loro.