TASER: DA MICHELUSI A NACLERIO, LA STESSA RICETTA REAZIONARIA
CONTRO LA RETORICA DEGLI “SCERIFFI” DIFENDIAMO I DIRITTI E LA DIGNITÀ SOCIALE
Ancora una volta dobbiamo rispondere con fermezza alle parole gravissime del sindaco di Thiene Gianpi Michelusi che, da presidente del consorzio di polizia locale Nevi, insiste nel presentare il taser come “presidio che salva vite”. Una dichiarazione che ribadiamo essere falsa, pericolosa e indegna di un sindaco che si definisce progressista.
Il taser è un’arma, punto. Una scarica elettrica che può uccidere, come dimostrano i tanti casi di morte documentati in tutto il mondo, soprattutto tra persone con patologie cardiache o in condizioni di fragilità. Continuare a ripetere che “non è un’arma di offesa” significa mentire ai cittadini, coprendo di retorica securitaria una scelta politica regressiva e classista.
E qui la questione è chiarissima: le parole di Michelusi coincidono in maniera inquietante con quelle di Nicolò Naclerio, consigliere comunale di Fratelli d’Italia a Vicenza, che da tempo porta avanti la stessa crociata per armare la polizia locale. Quando centrosinistra e destra parlano la stessa lingua, significa che hanno abbandonato ogni distinzione e scelto entrambi la via sbagliata: quella della repressione invece che della giustizia sociale.
Questa rincorsa bipartisan al ruolo di “sceriffi” è inaccettabile. I problemi sociali non si risolvono a colpi di pistola elettrica, ma con politiche di inclusione, di welfare, di ascolto e di sostegno. Chi amministra le città ha il dovere di affrontare le cause delle difficoltà, non di trasformarle in questione d’ordine pubblico.
Non possiamo poi tacere di fronte a una tragedia che pesa sulla coscienza di tutti: la morte di Danilo Riahi, 17 anni, suicidatosi nel carcere minorile il 13 agosto. Pochi giorni prima, a Vicenza, era stato arrestato dopo tentativi di furto e immobilizzato con il taser. Oggi molti chiedono chiarezza: è possibile che ci sia un legame tra quell’uso della scarica elettrica e il gesto disperato di Danilo? Noi pensiamo che sia una domanda che deve trovare risposta. Perché la repressione cieca non solo non “salva vite”, ma può spegnerle per sempre.
Esistono strumenti alternativi meno rischiosi e più garantisti delle armi elettriche: l’introduzione delle bodycam con registrazione su server remoto (e non locale, per evitare manipolazioni) garantirebbe trasparenza e tutela sia per gli agenti che per i cittadini; ma ancora più importante è l’introduzione obbligatoria di codici identificativi ben visibili su giacche, caschi e scudi delle forze dell’ordine, così come avviene già in 21 paesi dell’UE, così da assicurare la possibilità di individuare l’agente in caso di abusi.
La Federazione di Vicenza di Rifondazione Comunista ribadisce con forza: no al taser, no alla logica della paura, no agli amministratori che vestono i panni dello sceriffo, sì ai codici identificativi individuali.
La sicurezza vera nasce dall’uguaglianza, dal lavoro, dalla casa, dai diritti. Non dalle armi elettriche che stordiscono, feriscono e uccidono.
Segreteria provinciale
Rifondazione Comunista – Federazione di Vicenza